8 gennaio 2011

“Voti falsificati, crani spaccati, un’opposizione imprigionata, protestanti picchiati e le relazioni con l’europa in malora.”

“Voti falsificati, crani spaccati, un’opposizione imprigionata, protestanti picchiati e le relazioni con l’europa in malora.”


Sono queste le parole con le quali l’ “Economist” descrive, in un articolo on line del 29 dicembre, la situazione a Minsk dopo le elezioni presidenziali del 19, nelle quali Alyaksandr Lukashenko ha ottenuto quasi l’80% dei voti, esito secondo molti assai improbabile. Le critiche giungono da ogni dove, Unione Europea, Stati Uniti, ma anche dai paesi vicini, nei quali è possibile leggere sui giornali della triste vicenda della Bielorussia e ascoltare gli appelli dei funzionari stranieri affinché la violenza cessi e i manifestanti, i giornalisti e gli oppositori politici vengano rilasciati.

Sfogliando innumerevoli pagine nel web in cerca di notizie riguardanti le elezioni, sono incappato in un’intervista del giornale polacco “Warsaw Business Journal” all’ambasciatore bielorusso a Varsavia, nella quale sosteneva in pratica che “in fondo tutti gli stati hanno problemi con i diritti umani, e che spesso tali problemi sono visti in un contesto troppo ristretto, in quanto rispettare i diritti umani implicherebbe anche consentire qualsiasi tipo di libertà mediatica e di protesta cittadina”. Forse è il “qualsiasi tipo di libertà” che non va a genio al governo bielorusso, la libertà di remare contro quando lo si ritiene giusto, contro i provvedimenti dello stesso governo, libertà di non essere d’accordo, di protestare e di agire al fine di migliorare il proprio paese con i propri ideali. I diritti umani dovrebbero scendere in secondo piano di fronte alle necessità dello stato? O meglio, del governo?

Lukashenko, per quanto ne sia sempre uscito vincitore, non ha mai avuto molta fortuna con i dopo-elezione o dopo-referendum: c’è sempre stato qualcuno che è venuto a lamentarsi della presunta non correttezza degli svolgimenti, e mi sembra alquanto improbabile ipotizzare un’accordo internazionale con lo scopo di diffamare il presidente bielorusso. Se si protesta nella maggior parte dei casi qualcosa è andato storto e continua ad andare storto. Ha fatto eccezione la prima volta in cui è stato eletto, nel 1994, in seguito alla prima elezione democratica bielorussa, nella quale arrivò al comando del paese piuttosto giovane e con scarsa esperienza.

Ha mosso il suo primo passo in politica nel 1990 come deputato del soviet bielorusso e fondatore del partito “ comunisti per la democrazia” che avrebbe dovuto portare l’URSS verso una maggiore democratizzazione consentendole di rimanere abbracciata al comunismo.

Nel ’94 si ritrovò al governo di un piccolo stato, non proprio pronto ad affrontare la crisi economica alla quale inevitabilmente il paese stava andando incontro uscito dall’URSS. Con le sue manovre economiche e politiche Lukashenko si è avvicinato sempre più alla Russia, non certo nota per il suo assoluto rispetto per i diritti umani e la democrazia, puntando verso una stretta unione tra i due paesi.

Negli anni novanta ha cominciato ad aver problemi con la costituzione del paese essendo stato accusato da 110 parlamentari di averla violata, ma si risollevò con l’appoggio della Russia per mezzo di un referendum con il quale riuscì ad estendere a 7 anni il proprio mandato, e riuscì ad accumulare nuovi poteri tali da riorganizzare il parlamento bielorusso con una netta maggioranza a suo favore provocando le immediate critiche di Unione Europea, Stati Uniti e di molte organizzazioni per i diritti umani.

Situazione analoga si è verificata con le elezioni allo scadere del suo mandato nel 2001: vittoria quasi schiacciante con l’appoggio della Russia, non ritenuta legittima dai paesi occidentali.

Nel 2004 ecco un referendum con lo scopo di abbattere i limiti dei termini presidenziali, nel quale quasi l’80% dei votanti accordò la proposta, risultato ovviamente ancora contestato dall’occidente e dalle organizzazioni per i diritti umani.

Quasi scontata è poi la ricandidatura nel 2006, nella quale si assiste alla stessa storia: opposizione in piazza, vittoria di Lukashenko, manifestazioni popolari, proteste interne, critiche dall’estero, congratulazioni dalla Russia.


Non è uno scenario nuovissimo. Da che mondo è mondo chi ha il potere fa di tutto per mantenerlo nelle proprie mani e Lukashenko non è che uno dei tanti ostinati che cerca di rimanervi aggrappato calpestando chi cerca di intromettersi.


In un articolo del “Berliner Zeitug” precedente alle elezioni, pubblicato in italiano da “Internazionale” n. 877, si comprende come in provincia il presidente faccia presa sulla popolazione: l’autore dell’articolo sottolinea come Lukashenko, nonostante i problemi economici dei quali anche le sue manovre sono state la causa, sia riuscito a mantenere una sorta di ordine e di sicurezza sociale, e spiega come alla gente della provincia bielorussa possa bastare questo per concedergli di nuovo la presidenza. Secondo l’autore inoltre, proprio per questo motivo, Lukashenko avrebbe avuto comunque un buon risultato alle elezioni se si fossero svolte democraticamente. Le cose sono andate fin ora mediocremente, ma per molti cittadini la mediocrità è meglio di niente.


Questa è la situazione nella provincia, lontano da Minsk, prima delle elezioni. Ma non sembra questa la storia nella grande città dopo lo spoglio del voto. La popolazione si ammassa intorno alle prigioni, in attesa che siano rilasciati i propri cari, molti arrestati ingiustamente e picchiati solo perché si trovavano nella folla di protestanti o non vedevano i loro diritti rispettati. Il “Warsaw Business Journal” ha intervistato qualcuna delle persone nei pressi della prigione. “Illegalità, dittatura, come altro volete chiamarla?... stanno picchiando i nostri figli” dice la madre di uno degli arrestati mentre aspetta nella neve che rilascino il figlio. La moglie di Vladimir Neklyayev, uno degli oppositori più importanti di Lukashenko, ha gridato inutilmente di fronte al marito che veniva portato via dal pronto soccorso da uomini in abiti civili dopo che era stato picchiato dalle forze dell’ordine. Anche lei è in attesa...“ in questo momento non so dove sia mio marito”.

Iniziato il nuovo anno, il governo non arresta la sua campagna di repressione, colpendo i giornali e chiudendo gli uffici dell’OSCE, organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che non aveva considerato valido l’esito delle elezioni in quanto svoltesi in un clima non democratico.


Non è certo una situazione da “Happy Free Elk”. Perdonate l’insistenza con il caso della Bielorussia, ma come specificato nell’introduzione al blog, si cerca anche di dar voce e chi non può farsi sentire altrimenti. Se avete notizie di altri casi analoghi, come questo non molto trattati dalla stampa italiana, potete farlo presente in un commento. Sono sicuro che ce ne sono.


Eccovi alcuni link di articoli utili per informarvi riguardo alla Bielorussia:


dall’Economist


http://www.economist.com/node/17800131?story_id=17800131


dal St Petersburg Times


http://www.sptimes.ru/index.php?action_id=2&story_id=33333&highlight=belarus


http://www.sptimes.ru/index.php?action_id=2&story_id=33302&highlight=belarus


dal Warsaw Business Journal


http://www.wbj.pl/article-52590-poland-condemns-post-election-violence-in-belarus.html


http://www.wbj.pl/article-52672-poland-takes-proactive-stance-on-belarus.html?typ=wbj


Un articolo in italiano:


http://www.presseurop.eu/it/content/article/436441-c-e-ancora-spazio-il-dialogo


Se ne possono trovare molti altri in internet, questi sono solo alcuni di quelli che mi sono capitati sotto gli occhi. Chi vuole davvero sapere e cerca informazioni sicuramente qualcosa trova!


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