15 aprile 2011

Il mondo del petrolio



Siamo in un mondo nel quale sono il guadagno e gli interessi a fare la differenza tra vita e morte. Tutte le chiacchiere che dobbiamo sopportare riguardo la democrazia da difendere, le dittature da abbattere e la libertà da garantire sono intrisi, unti, soffocati dall’interesse economico. Si avvolge il tutto in un appariscente bozzolo di ideali, che alla fine si dimostrano solo parole altisonanti come “vittoria della democrazia”, “giustizia” e “libertà”. Nel caso del Medio Oriente questi paroloni servono da pesante trapunta per tenere ben al sicuro l’interesse nei confronti di quell’oro nero che ci dà molto di cui parlare in relazione a equilibri politici ed economici e disastri ambientali.

In Libia si è agito per evitare un terribile massacro di civili in protesta da parte delle forze di Gheddafi, il quale non ha mai tenuto nascoste le sue inclinazioni repressive e dittatoriali. Leggo in un articolo di Noam Chomsky pubblicato da “Internazionale” che appena il mese scorso si è concluso il processo all’ex presidente liberiano Charles Taylor davanti al tribunale internazionale sulla Sierra Leone e che tra i personaggi da incriminare i pubblici ministeri volevano inserire anche Muammar Gheddafi per aver mutilato e ucciso 1,2 milioni di persone. Cosa ha impedito l’incriminazione del presidente libico? Gran Bretagna, Stati Uniti e altri paesi non hanno voluto. Interrogato sul possibile motivo di questo intervento, il giurista statunitense David Crane ha risposto:” Benvenuti nel mondo del petrolio”.

Quando si parla di mantenere la stabilità del Medio Oriente, ci si riferisce sempre e inequivocabilmente al mantenere la situazione tale da essere più conveniente possibile per l’Occidente, non importa che ci sia una dittatura o una democrazia, libertà o repressione. Le potenze occidentali tendono a lasciar fare i dittatori in paesi ricchi di petrolio in quanto risultano clienti affidabili, con i quali magari è facile stringere accordi. Secondo Chomsky quello della Libia è stato un caso particolare: Gheddafi è un brutale dittatore, come molti altri in altri paesi del medio oriente, ma è risultato anche inaffidabile. L’appoggiare i ribelli ha creato una situazione propizia per l’Occidente che ha l’opportunità di istituire una nuova piccola terra del petrolio, protetta, con soci affidabili con i quali fare affari, come è accaduto nella regione del golfo Persico.

Mi ha fatto sorridere amaramente la vignetta di Bob Englehart che ho riportato, nella quale si mette bene in evidenza l’indifferenza e l’inefficienza di gran parte delle potenze occidentali di fronte alle repressioni, ingiustizie e alle violenze in molti paesi, quando queste non fanno vacillare affatto gli interessi economici. Non che gli interventi nelle regioni “economicamente interessanti” siano state così efficaci se non da certi punti di vista, ma dubito che lo siano state per la popolazione di quelle regioni. Nel dicembre 2010 in Costa D’avorio viene annunciata la vittoria alle elezioni di Alassane Ouattara contro il presidente Laurent Gbagbo, il quale però, nonostante l’avversario avesse ottenuto il 54,1 per cento dei voti, si è autoproclamato presidente. Le violenze non hanno tardato a scoppiare nella regione tra i sostenitori di Gbagbo e di Ouattara e gli scontri hanno provocato migliaia di vittime mentre un milione di ivoriani sono fuggiti dal paese. Gbagbo è stato arrestato dopo che le forze armate di Francia e Onu, appoggiando gli uomini di Ouattara, hanno giocato come il gatto con il topo con l’autoproclamatosi presidente, espugnando il bunker nel quale si trovava.

Senza dubbio l’intervento armato straniero ha portato a questa conclusione e quindi alla possibile fine degli scontri, ma le violenze sono andate avanti per mesi e l’impegno nel ristabilire la pace è stato abbastanza limitato. Francia e Onu hanno appoggiato Ouattara, il quale, spiega “Libération”, è già responsabile dell’uccisione di ottocento civili nell’ovest del paese, ma è il vincitore delle elezioni. Ouattara afferma di aver fatto ricorso alla violenza soltanto perché l’avversario, considerato dittatore della stessa risma di Gheddafi, non voleva farsi da parte.

"Siamo nel mondo del petrolio", questo è il titolo dell'articolo di Noam Chomsky. Il petrolio ha un peso tale da risultare una variabile importantissima al momento di decidere se intervenire e come oppure no nel salvare la vita di migliaia di persone. Che brutta piega che ha preso il mondo.


L'articolo di Noam Chomsky - Siamo nel mondo del petrolio


Libération - Ouattara, homme fort et affaibli


Bob Englehart - Englehart's view - March 30, 2011

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